mercoledì 17 agosto 2011

Le variazioni Goldberg e Glenn Gould

C'è un libro di Michael Greenberg, Il giorno in cui mia figlia impazzì, in cui si narra l'esperienza reale fatta dalla figlia quindicenne, Sally, che dopo aver ascoltato col walkman per settimane le Variazioni Goldberg interpretate da Glenn Gould e letto i sonetti di Shakespeare, ha un attacco di pazzia e inizia a proclamare verità visionarie. Il libro, quasi cechoviano, narra del tunnel della follia e di quello che Greenberg è disposto a fare pur di capire la figlia, anche assumere i suoi farmaci se necessario.

Questo spunto mi permette di scrivere delle Variazioni Goldberg (BWV 988), una delle composizioni bachiane che amo di più. Come spero ogni estimatore di Bach, apprezzo molto la versione originale suonata col clavicembalo, uno degli strumenti che evocano di più una vera atmosfera barocca. Ma quando Glenn Gould, nel 1955, pubblicò la sua interpretazione al pianoforte con l'album che lo lanciò al grande pubblico, qualcosa cambiò nel modo di sentire (in senso percettivo) la musica del maestro di Lipsia. Anni dopo, poco prima di morire, Gould decise di incidere nuovamente le Variazioni, perché non era contento di quello che aveva fatto venticinque anni prima, giudicandola affetta da troppo giovanile entusiasmo. La versione del 1981 è molto più intima, ed è considerata il canto del cigno. Personalmente, preferisco quella del 1981 a quella del 1955.

Le Variazioni si compongono di un'Aria (sarabanda in 3/4, in Mi minore), 30 variazioni e un'Aria da capo alla fine.

Si mettano a confronto, ad esempio, diverse interpretazioni dell'Aria:
Col suo stile e con la versione del 1981, Gould ha traslato temporalmente Bach quasi al periodo romantico, dandogli una dimensione più vicina al gusto moderno. Non tutti gli estimatori di Bach apprezzano questa interpretazione, ma non c'è dubbio che ha lasciato un segno che non possiamo ignorare.

Spartiti: scaricabili cliccando qui

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